Tonno rosso: tutti i segreti. #venerdìpesce

TONNO ROSSO

(Thunnus thynnus)

Chi è

Il Tonno è un “pesce azzurro”, pelagico, gregario, grande migratore. È un abilissimo e veloce nuotatore, essendo in grado di coprire ogni giorno distanze oltre i 250 Km, con velocità superiori ai 75 km orari. È un vorace ed insaziabile carnivoro, sempre alla ricerca di Sgombri, Sardine, ma anche di crostacei e molluschi. Si trova in mare aperto a notevoli profondità, preferendo mari calmi e temperati, ma nel periodo riproduttivo, che corrisponde ai mesi di maggio e giugno, si porta vicino alle coste in acque più superficiali.

Come è

Ha un corpo fusiforme, piuttosto robusto nella parte anteriore, con peduncolo caudale sottile. Gli occhi sono moderatamente grandi e con iride gialla; la bocca è poco ampia con una fila di denti piccoli e conici presenti sia sulla mandibola che sulla mascella. Le due pinne dorsali sono distanti fra loro. Piccole pinne di colore giallo (chiamate pinnule), in numero da 7 a 10, sono presenti fra la seconda dorsale e l’anale. Le pinne pettorali sono corte e la pinna caudale a semiluna è molto sviluppata. Il dorso è blu scuro con riflessi metallici, i fianchi ed il ventre sono biancastri con riflessi argentati. Può raggiungere i 400 kg di peso ed i 3 m di lunghezza.

Come si cattura

Si pesca con reti chiamate tonnare volanti (nel basso Tirreno ed in Adriatico, Canale di Sicilia e Liguria), con tonnare fisse (Sicilia e Sardegna), tonnarelle (Liguria) e con ami (palangari e lenze singole).

Il Tonno rosso è una specie tutelata e quindi la pesca di questa specie ittica attualmente risulta regolata da severe norme unionali e nazionali volte a contenerne lo sforzo di pesca.

Periodo di pesca

I migliori acquisti di questo pesce si fanno fra maggio ed ottobre, compatibilmente con la disponibilità nei mercati.

Curiosità

È un pesce piuttosto longevo, può raggiungere infatti i 15 anni di età.

La denominazione scientifica di Thunnus thynnus fu attribuita da Linneo nel 1758, riferendosi alle sue doti di instancabile nuotatore (“thuno” in greco, significa correre con potenza).

Secondo altre fonti il nome sarebbe stato coniato dai Fenici e deriverebbe dalla parola “than”, con il significato di “animale di grande mole”.

Nel museo Mandralisca di Cefalù è esposto un vaso a campana (cratere) del IV secolo a.C. in cui è raffigurata, in maniera particolarmente realistica, la scena di un pescivendolo intento a tagliare con un grosso coltello un Tonno posto su di un ceppo, mentre un perplesso acquirente tiene pronta in mano una moneta.

Il Tonno da sempre è considerato il “maiale del mare”, probabilmente per il fatto che come per il maiale anche per il Tonno “non si butta via niente”. Molto interessanti sono i nomi attribuiti ai diversi tagli anatomici e alle preparazioni della tradizione gastronomica mediterranea.

– Filetto: parte dorsale della muscolatura che si trova al di sotto delle pinne dorsali. E’ la parte più magra con un sapore molto delicato, simile a quello della carne di manzo.

– Tarantello: è la parte muscolare tra il filetto e la ventresca. Mediamente grasso, presenta una consistenza morbida e tenera, con un sapore leggermente meno intenso della ventresca.

Compare per la prima volta nelle cronache del XVI secolo ed in particolare nel menù del pranzo offerto a Taranto dal cardinale Campeggi all’imperatore Carlo V di Spagna.

Trancio di tonno rosso

– Ventresca: corrisponde alla pozione muscolare che ricopre i fianchi e la cavità addominale. E’ la parte nobile del Tonno ed essendo piuttosto grassa risulta tenera e gustosa. In Toscana viene chiamata “sorra” in Sicilia “surra” e in Sardegna “bodano”: 

– Codella: taglio poco pregiato e poco grasso che corrisponde alla parte posteriore. Viene normalmente utilizzata con pomodoro, aglio ed alloro nella preparazione del “Tonno arrosto alla Carlofortina”.

– Cuore: la lavorazione è simile a quella della bottarga. Dopo essere stato salato e pressato, è lasciato essiccare in condizioni di ventilazione naturale. Normalmente viene utilizzato a fettine per preparare antipasti. Il gusto è intenso, deciso ed è considerato una vera prelibatezza.

– Guance: piuttosto grasse, ma tenere e gustose, possono essere consumate crude “alla catanese” condite semplicemente con prezzemolo e olio extravergine d’oliva, oppure cotte alla brace.

– Ficazza di Tonno: è un salame di Tonno tipico del trapanese, ma in Sicilia è anche conosciuta con il nome di “sasizzella”. Viene preparata con la carne scura rimasta attaccata alla lisca dopo la sfilettatura. Dopo la macinatura viene insaccata in budello di bovino con l’aggiunta di sale e pepe, per essere poi pressata e lasciata a maturare per 20-40 giorni. Si presenta con un colore marrone scuro e un sapore decisamente marcato. Normalmente viene consumata a fette, condite con olio e succo di limone, accompagnandola con pane e crostini.

– Lattume: si ottiene dalle gonadi del Tonno ed in particolare dalle sacche del liquido seminale salate ed essiccate. Presenta una colorazione rosata tendente al beige, consistenza morbida e sapore delicato. Tipico prodotto siciliano delle province di Trapani, Palermo e Siracusa, viene utilizzato in fettine e condito con olio e prezzemolo oppure fritto.

– Bottarga: è ottenuta dalla sacche ovariche lavate con salamoia, salate, pressate ed essiccate. Il nome deriva dall’arabo “butarikh”, ovvero “uova di pesce salate”. Prodotta in Sardegna e soprattutto in Sicilia, presenta un colore rosa scuro tendente al bruno e un sapore intenso e deciso.

Viene venduta in baffe (panetti), da grattugiare o tagliare in fette sottili, oppure in polvere ed è utilizzata soprattutto come condimento di primi piatti.

– Musciame: si ottiene dal filetto magro di Tonno salato ed essiccato naturalmente. E’ un prodotto di pregio dal sapore intenso e dal colore scuro. Diffuso in Puglia, Liguria, Sicilia e Sardegna, viene chiamato “bresaola di Tonno” e come questa si consuma principalmente tagliato a fette molto sottili che si condiscono con olio extravergine d’oliva e qualche goccia di limone.

Il musciame di Tonno è l’evoluzione del musciame di Delfino, prodotto gastronomico ricercatissimo nel secolo scorso, ma attualmente non disponibile essendo vietata la pesca di questa specie in quanto a rischio di estinzione. E’ probabile che fosse un modo di conservare il pesce di origine araba, tanto che il nome deriverebbe dai termini arabi di “mushamma” omosammed” con il significato di “seccato” o “duro”, successivamente diffuso in Sicilia e Spagna dove viene chiamato “mojama o moxama de atun”.

– Belu: è il termine usato a Carloforte in Sardegna per individuare lo stomaco. Parte fra le più prelibate e apprezzate del Tonno, il belù si presenta essiccato e si utilizza previo ammollo in acqua. La ricetta della tradizione Carlofortina prevede una cottura con pomodoro cipolle e patate, molto simile alla trippa bovina.

– Buzzonaglia: può essere considerato il taglio meno pregiato del Tonno corrispondente ai frammenti di muscolo a contatto con la lisca centrale, molto scuro perché abbondantemente irrorato di sangue.

– Tonnina: altro taglio poco pregiato, viene ricavato dalla muscolatura della parte dorsale inferiore del Tonno.

Un po’ di storia

La pesca, la conservazione e l’utilizzo in cucina del Tonno hanno una storia antichissima.

Nei graffiti della Grotta del Genovese nell’isola di Levanzo, la più piccola delle isole Egadi, fra le figure filiformi umane si distinguono chiaramente anche quelle di un delfino e di un Tonno che documentano come già nella fase finale del Neolitico (2500 a.C.) le popolazioni primitive ne praticassero la pesca.

La pesca del Tonno era sicuramente praticata dai Fenici e dai Greci e numerosi autori, nel tempo, hanno fornito testimonianze di questa attività. Omero (IX – VIII secolo a.C.) narra della pesca del Tonno in Sicilia e nell’Odissea assimila i Tonni ai compagni di Ulisse catturati dai Lestrigoni, i leggendari pescatori cannibali.

Informazioni sulla pesca del Tonno, seppur in forma indiretta, sono desumibili dalla lettura della tragedia “I Persiani” di Eschilo (472 a.C.), in cui il drammaturgo ateniese racconta il massacro di Salamina paragonandolo alla mattanza dei Tonni.

Alcuni autori greci e latini invece si soffermano su alcune caratteristiche e abitudini dei Tonni. In questo modo Aristotele (IV secolo a.C.) dice che “i Tonni più di tutti gli altri pesci, amano il calore e per trovarlo si dirigono verso la sabbia che sta sulla riva, dove si riscaldano emergendo in superficie”; Publio Ovidio Nasone afferma che “i Tonni a miriadi, fifoni, fuggono lontano”, ed ancora Plinio il Vecchio non esita a definirlo “stupido”, mentre Plutarco lo nobilita in quanto: “percepisce così bene l’arrivo dell’equinozio e del solstizio che l’uomo stesso può imparare da lui senza avere bisogno di usare le tavole astronomiche”.

Alcuni autori considerano poi il Tonno da un punto di vista strettamente gastronomico e nutrizionale. Fra questi Archestrato da Gela (IV secolo a.C.), sottile umorista e soprattutto cultore della buona cucina che nel trattato di gastronomia intitolato “La buona vita” in cui si raccontano le avventure di un ricco uomo siculo che gira il mondo antico alla ricerca di nuove esperienze gastronomiche, descrive come usare in cucina il Tonno e fornisce saporite ricette per cucinarlo. Particolare è la ricetta proposta per preparare la coda del Tonno: “Procurati una coda di Tonno femmina, la Tonnide intendo, quella che a Bisanzio ha i natali. Riducila a pezzetti, poi, passala sui carboni spalmata di poco sale e olio, mangiala a tranci caldi bagnandoli in acre salamoia. Se, invece, i tranci vuoi gustarli asciutti sono superbi e degni, sia per natura che per aspetto, degli dei immortali. Ma se in aceto l’affoghi quella ci perde anche … la vita”.

Con la caduta dell’Impero Romano le attività di pesca del Mediterraneo subirono una drastica contrazione e in alcuni casi furono completamente abbandonate; questo coincise con le invasioni barbariche che portarono nuove abitudini alimentari in cui la cacciagione assunse sempre più un ruolo fondamentale.

La pesca del Tonno riprese con vigore fra l’VIII ed il X secolo; infatti proprio durante la dominazione Araba e Normanna il settore ricevette un nuovo impulso. Nel secolo successivo, in pieno dominio Angioino, le tonnare diventarono la principale industria della Sicilia.

Da questo momento le numerose citazioni storiche del Tonno sono opera di  cuochi famosi del tempo e riguardano essenzialmente le modalità di preparazione e conservazione, riflettendone l’evoluzione.

Il gesuita Francesco Cetti nell’opera “Storia naturale di Sardegna” (1777), oltre a considerare il Tonno come “uno de’ più importanti articoli del commercio e dell’economia della Sardegna”, per primo parla del “Tonno in corsa”, definizione che, mutuata in “Tonno di corsa”, è tuttora utilizzata per identificare un prodotto pregiato e di alta qualità commerciale.

Con l’inizio dell’ottocento i metodi di conservazione del Tonno giungono ad una svolta, infatti dalla conservazione mediante la salagione, l’affumicatura e l’essicazione si passa alla conservazione sott’olio. Il merito di questa tecnica innovativa fu del pasticcere parigino Nicolas Appert che nel 1810, dopo anni di sperimentazioni, scoprì la tecnica di conservare a lungo gli alimenti deteriorabili all’interno di contenitori in vetro ermetici e successivamente sterilizzati mediante immersione in acqua bollente. Questa importantissima scoperta, perfezionata dall’inglese Peter Durant che la applicò utilizzando contenitori di latta, aprì di fatto l’era della moderna produzione industriale delle conserve di Tonno.

Già negli scritti del Conte Gilbert Chabrol de Volvic, prefetto napoleonico del dipartimento Montenotte (di cui Savona era capoluogo), si legge: “Di solito il Tonno si prepara in due maniere, sott’olio o in salamoia”. Nel secolo scorso lo scrittore Carlo Collodi nel romanzo per ragazzi “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino”, riporta un arguto dialogo fra Pinocchio ed un Tonno ormai inghiottiti da un Pescecane: “Neppure io vorrei esser digerito, soggiunse il Tonno, ma io sono abbastanza filosofo e mi consolo pensando che, quando si nasce Tonni, c’è più dignità a morir sott’acqua che sott’olio! …”

In questo secolo la trasformazione in senso industriale della produzione delle conserve di Tonno, si accompagnò all’evoluzione delle tecniche di pesca ed in particolare delle tonnare che, pur mantenendo immutati i rituali dei rais e dei tonnaroti e i cerimoniali più antichi, furono soggette a significative innovazioni strutturali ed impiantistiche. E’ l’epoca d’oro delle tonnare del Tirreno e dello Ionio, prime fra tutte quelle di Carloforte e di Portoscuso in Sardegna, quelle di Formica e soprattutto di Favignana in Sicilia. La storia della tonnara di Favignana inizia nel 1859 quando venne presa in affitto dal genovese Giulio Drago. Nel 1878 il senatore siciliano Ignazio Florio, dopo averlo acquistato dalla famiglia Pallavicini di Genova, ristrutturò lo stabilimento ampliandone gli impianti di lavorazione che raggiunsero le dimensioni di un vero opificio industriale.

Dopo la crisi della pesca del Tonno e a causa dei mutati scenari economici legati al primo conflitto mondiale, nei primi decenni del ‘900, il gruppo siciliano Florio, famoso fra l’altro per la produzione di tabacco, di cognac e soprattutto del marsala, dopo il fallimento del 1937 fu costretto a cedere l’industria alla famiglia genovese Parodi. In questo modo l’attività dello storico stabilimento continuò fino agli anni ’80 del secolo scorso, sotto il marchio “Tonnare Florio”. Nel 1991 lo stabilimento è acquisito dalla Regione Sicilia e, dopo un esteso ed impegnativo restauro dei suoi circa 32 mila metri quadrati di superficie, viene rifunzionalizzato a struttura museale dedicata alla storia culturale della struttura e della pesca del Tonno.

Valore economico

Ha carni molto ricercate, semigrasse, di colore rosso carico più o meno scuro sode, compatte e molto saporite, spesso utilizzate nell’industria conserviera per preparazioni sott’olio.

Valori nutrizionali per 100 gr

Energia (kcal)158
Energia (kJ)661,51
Proteine (g)21,5
Lipidi (g)8,1
Carboidrati (g)0,1

Nomi dialettali

Cagliari: Tunnu, Barilaro (adulto), Scampiru (giovane).
Gallipoli: Tunnu, Tunnachiu, Tunina, Tunnacchiu, Franzilottu (giovane).
Genova: Tünno, Toun, Tonn, Tunnu.
Napoli: Tunnachiello (giovane).
Palermo: Tunnu, Tunnacchiolu (giovane), Tunnu da castagnara (soggetti di 20-20 kg catturati a settembre).

Pescara: Tonne.

Reggio Calabria: Tunnu.

Come si chiama in Europa

Thon rouge, (FR), Atún rojo, Atun de aleta azul (ES) Blefin tuna, Tuna (UK), Roter Thun, Thunfisch (DE), Tun, Almindelig tun, Atlantisk tun (DK), Atum, Rabil, Rabilo, Atum-Rabilho (PT).

Scheda a cura di Gualtiero Fazio e Paolo Bellotti.
Foto di Paolo Manzoni. La riproduzione è vietata senza l’autorizzazione dell’Autore.

Sitografia:

– C. Baresani, Il “maiale di mare” – Storia del Tonno su Camilla Baresani.com. URL consultato il 09.02.2022.

– F. Da Rodda, Il pesce del popolo, i popoli del pesce, su tesi.cab.unipd.it. URL consultato il 09.02.2022.