Gli alimenti della filiera agroalimentare corta e l’impatto sulla Sindrome Metabolica

Il cibo fresco a Km0 può avere un impatto sulla nostra salute? Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani ed americani su un campione di italiani opportunamente selezionati della zona di Salerno e del Cilento, indica che in effetti esiste una diretta correlazione tra la scelta di prodotti freschi, di stagione ed a Km0 rispetto a quelli di importazione acquistabili nei supermercati delle grandi catene di distribuzione.

La ricerca ha coinvolto un numero elevato di cittadini, coinvolti in occasione della Giornata Mondiale dell’Ipertensione, che si svolge il 17 Maggio di ogni anno, e nello specifico è stato selezionato un campione di 808 individui, dai 18 agli 85 anni d’età, i cui dati sono stati raccolti nelle edizioni dal 2015 al 2017, residenti da almeno 10 anni nella città di Salerno e di 5 paesi della zona, quali Castelnuovo Cilento, Polla, Sapri, San Gregorio Magno, e Satriano di Lucania.

Nella valutazione è stato posto il requisito primario dell’aderenza alla Dieta Mediterranea, pertanto sono stati esclusi i soggetti più piccoli di 30 anni e i più grandi di 80, in quanto le popolazioni di queste fasce d’età sono meno aderenti al modello nutrizionale considerato, insieme a rilevazioni antropometriche (altezza, peso, circonferenza vita e fianchi, BMI), quindi effettuate analisi ematocliniche col dosaggio della glicemia, dell’insulina, del colesterolo (totale, LDL ed HDL), trigliceridi e creatinina, il rilevamento della pressione arteriosa, l’abitudine al fumo e l’eventuale presenza di Sindrome Metabolica. Attraverso la compilazione del questionario per la raccolta delle informazioni necessarie nella determinazione dell’aderenza alla dieta mediterranea, è stato affiancato un sondaggio che marcasse le abitudini riguardo le modalità di reperimento delle derrate alimentari, e cioè nella scelta di prodotti freschi della filiera corta e venduti nei piccoli mercati locali o esercizi commerciali territoriali, oppure in alimenti in scatola o freschi confezionati disponibili nei supermercati della grande distribuzione.

Tutti i soggetti considerati, con elevata aderenza alla dieta mediterranea, hanno mostrato delle significative differenze in termini di incidenza della Sindrome metabolica in relazione alla scelta di prodotti agroalimentari assunti in base all’origine: chi preferiva procurarsi alimenti freschi della filiera corta, comprata prevalentemente in piccoli esercizi commerciali o nei mercati ortofrutticoli, dimostrava una incidenza decisamente più bassa insulino-resistenza in confronto a chi acquistava più frequentemente prodotti della catena lunga.

Numerosi sono gli studi che hanno dimostrato come la dieta mediterranea riduca significativamente il rischio di sviluppare la Sindrome Metabolica, un insieme di condizioni cliniche che si verificano insieme e che aumentano il rischio di malattie cardio-vascolari, infarto e diabete mellito di tipo 2, e quest’indagine sottolinea come l’applicazione reale dei principi comportamentali rimarcati dal modello mediterraneo in termini di scelta dei prodotti di stagione e della produzione locale, determinino un beneficio per la salute.

Vari aspetti della filiera lunga agroalimentare, che caratterizza la grande distribuzione, tra cui l’origine del cibo, spesso molto distante dal luogo in cui verrà venduto, il lungo periodo di tempo che passa dalla produzione al consumo, la necessità di aggiungere conservanti, la perdita di nutrienti e vitamine deperibili, possono contribuire alla riduzione della qualità nutrizionale dell’alimento.

Lo studio pertanto conferma che l’assunzione di prodotti agroalimentari locali di qualità e di stagione, componenti fondanti del modello dietetico mediterraneo, incidano in maniera positiva nella prevenzione della Sindrome Metabolica, e contribuiscono a preservare le tipicità dei territori, supportare le economie rurali e sviluppare sistemi sostenibili grazie all’abbattimento delle emissioni di Co2 ed inquinanti legate ai sistemi di produzione e trasporto.