Trasformare i rifiuti in valore: così l’economia circolare dà nuova vita agli scarti dell’olio d’oliva

Non chiamiamo più rifiuto ciò che può avere ancora uno scopo. Alla base dell’economia circolare c’è l’idea – vecchia come l’uomo, ma purtroppo dimenticata negli ultimi decenni – che non esistono scarti in natura. Ogni oggetto, ogni prodotto e ogni materia prima semplicemente si può rinnovare rientrando in un nuovo ciclo produttivo. Questo avviene attraverso il riuso, il riciclo e la trasformazione.

Il concetto di economia circolare ha dunque ancora più valore nel campo dell’agricoltura. Grazie alle nuove tecnologie, però, anche i settori dell’agricoltura più resistenti a questo tipo di trasformazioni possono trarre nuovi spunti capaci sia di ridurre gli impatti ambientali che di migliorare i bilanci per i produttori.

È il caso del settore olivicolo: come possono i concetti dell’economia circolare e della bioeconomia contribuire a rendere più sostenibile il mondo dell’olio di oliva. Un articolo a firma Donner e al, pubblicato sul numero di novembre 2022 del “Journal of Enviromental Management”, passa in rassegna alcune buone pratiche in Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Si tratta di esperienze molto diverse tra loro ma capaci di ispirare cambiamenti profondi.

Nell’articolo, intitolato “Bioeconomia circolare per la valorizzazione degli scarti e dei sottoprodotti dell’olio d’oliva: strategie e condizioni degli attori nell’area mediterranea”, le esperienze di imprese e cooperative in Grecia, Tunisia, Italia, Marocco, Spagna e Francia. Tra queste imprese c’è chi impiega gli scarti di produzione dell’olio d’oliva per generare energia, come calore ed elettricità, chi invece estrae dalla sansa di olive – la polpa delle olive dopo la prima spremitura – ulteriore olio, ma anche biodiesel, mangimi per animali d’allevamento, sapone e concimi.

Le idee, insomma, ci sono. La buona volontà pure. Ma queste potrebbero non bastare. «La transizione verso una bioeconomia circolare sostenibile – scrivono gli autori nelle conclusioni – rimane complessa e sfidante, richiedendo un approccio sistemico che includa vari attori e tecnologie, innovazioni organizzative e sociali». Servono «una base normativa comune, agevolazioni con misure finanziare pubbliche, nuovi modelli di business circolari che impieghino tecnologie innovative, collaborazione tra agricoltori, imprese e ricerca per la creazione di valore condiviso». Per riconoscere la ricchezza di queste pratiche serve però anche un coinvolgimento dei consumatori: è dalla loro consapevolezza e dalla volontà di premiare le imprese più virtuose che passerà il vero cambiamento.