L’istamina, quello che devi sapere #venerdìpesce

L’istamina

I prodotti della pesca, offerti dal mare, apportano una grande varietà di proteine, minerali, vitamine e acidi grassi Omega 3 che costituiscono una base molto importante per la nostra alimentazione.

Sono senza dubbio gli elementi fondamentali della varietà gastronomica della dieta mediterranea.

Per questo è necessario consumarli in sicurezza e tranquillità.

Che cos’è l’istamina?

L’istamina è una sostanza chimica, appartenente al gruppo delle ammine biogene che normalmente svolge funzioni fondamentali nel nostro organismo. Essendo dotata di proprietà vasoattive e psicoattive, agisce nel regolare la pressione sanguigna, è un neurotrasmettitore, agisce nella regolazione del ciclo sonno-veglia influisce sulla motalità gastrointestinale e sulla secrezione dei succhi gastrici, inoltre rappresenta un mediatore chimico dell’infiammazione intervenendo nelle risposte infiammatorie ed allergiche.

L’istamina oltre ad essere prodotta naturalmente dal nostro organismo, può anche essere assunta attraverso il consumo di alcuni alimenti come il pesce, il formaggio stagionato, i cibi fermentati ed il vino rosso. Tali alimenti possono contenerne elevati quantitativi.

L’ingestione di alte concentrazioni di istamina è causa di una grave forma di intossicazione alimentare nota come istaminosi, avvelenamento da sgombridi o sindrome sgombroide (Scombroid fish poisonig) dal nome della principale famiglia di pesci generalmente coinvolta nei casi umani.  

Come si forma l’istamina?

Come detto, molti alimenti possono contenere istamina (soprattutto quelli che sono sottoposti a processi di fermentazione o di maturazione), ma il pesce rappresenta l’alimento riconosciuto come causa del maggior numero degli episodi di intossicazione umana.

L’istamina si forma dalla decarbossilazione dell’istidina, amminoacido che è naturalmente presente in forma libera e in quantità significative, soprattutto nella muscolatura scura (muscolatura rossa) di alcuni pesci marini appartenenti alle famiglie Scombridae, Scomberesocidae, Clupeidae, Engraulidae, Coriphaenidae e Pomatomidae.

Appartengono a queste famiglie molte specie ittiche comunemente annoverate fra il “pesce azzurro”, come gli Sgombri, i Tonni, le Sardine e le Acciughe.

La trasformazione dell’istidina in istamina avviene per opera dell’enzima L-istidina decarbossilasi presente in alcuni microrganismi che, proprio per questa specifica attività, vengono denominati batteri istaminogeni.

Oltre che da enzimi batterici, una piccola parte di istamina, circa il 10 %, deriva dall’azione di enzimi normalmente presenti nel muscolo dei pesci, ma la presenza di elevati tenori di istamina è essenzialmente correlata all’attività di alcuni batteri mesofili e Gram negativi per lo più appartenenti ai generi Morganella, Hafnia, Proteus, ed Enterobacter. Tali microrganismi possono essere presenti nei visceri, nelle branchie o sulla cute dei pesci, derivare da contaminazioni che avvengono in mare oppure a seguito di manipolazioni o lavorazioni del prodotto ittico in condizioni di scarsa igiene.

Dunque la formazione di istamina nei muscoli di alcune specie ittiche è soprattutto il risultato dell’attività di enzimi batterici e sarà tanto più elevata quanto numerosi sono i batteri che la producono. Per questo motivo l’interruzione della catena del freddo nelle fasi di conservazione e in particolare l’esposizione per tempi prolungati dei pesci a temperature superiori ai +6/+10°C, è da considerarsi come la causa principale della rapida formazione di elevate quantità di istamina e di conseguenza della malattia in chi li consuma.

Che cos’è la Sindrome sgombroide?

La “Sindrome sgombroide” è una intossicazione acuta causata dal consumo di prodotti ittici contenenti alti livelli di istamina ed è da considerare fra le più comuni malattie di origine alimentare. Nell’Unione Europea ogni anno sono coinvolte centinaia di persone, ma i dati sui focolai effettivi e sulle persone colpite sono sicuramente sottostimati.

Come si manifesta nell’uomo la Sindrome sgombroide

I sintomi generalmente si manifestano rapidamente in un periodo variabile fra i 20-30 minuti e le 2-3 ore dall’assunzione dell’alimento.

I primi a comparire sono sintomi simili a quelli di una forma allergica e nei casi lievi si limitano a prurito, eritema, rush cutaneo al viso e collo, cefalea, secchezza e bruciore di bocca e gola, sapore metallico o piccante, vampate di calore, pizzicore. I casi più gravi si manifestano invece con tremori, formicolii, debolezza, ipotensione, vertigini, disturbi alla visione, tachicardia, tachipnea, senso di soffocamento, shock anafilattico. Altri sintomi che possono comparire più tardivamente sono in prevalenza di tipo gastro-intestinale, caratterizzati da nausea, dolori addominali, vomito e diarrea.

L’intossicazione in genere si risolve spontaneamente nell’arco di alcune ore, ma nei casi non adeguatamente trattati i sintomi possono perdurare sino a 48 ore. Occorre tenere comunque conto che la gravità e la durata di questi può essere diversa in base alla quantità di tossina presente nell’alimento e alla sensibilità individuale.  

A tal proposito è opportuno segnalare che in alcune persone l’ingestione di circa 8-20 gr di un pesce con livelli elevati di istamina nel muscolo è sufficiente a scatenare la sintomatologia e che una maggiore sensibilità all’istamina può derivare dal consumo di bevande alcooliche o dall’uso di farmaci inibitori delle monoaminossidasi ovvero di quel gruppo di enzimi normalmente preposti all’inattivazione dell’istamina.

Cosa dice la legge?

La normativa vigente nell’Unione Europea considera l’istamina come criterio di sicurezza alimentare fissando contenuti massimi pari a 200 mg/kg per il pesce fresco e a 400 mg/kg, sia per i prodotti della pesca sottoposti a maturazione enzimatica (come le acciughe sotto sale), sia per le salse di pesce prodotte mediante fermentazione (come la colatura di alici).

Tutti gli operatori del settore alimentare della filiera ittica (pescatori, grossisti, trasportatori, dettaglianti e ristoratori) hanno l’obbligo di proteggere i prodotti della pesca dalle contaminazioni microbiche e soprattutto di rispettare rigorosamente le temperature di conservazione in modo da mantenere i prodotti ittici in ottimali condizioni di conservazione.

La stessa normativa prevede inoltre che le partite di prodotti della pesca costituite dalle specie ittiche più a rischio possano essere sottoposte a campionamento sia da parte degli stessi operatori del settore alimentare, in regime di autocontrollo, sia da parte delle Autorità sanitarie di controllo.

Quali sono i prodotti ittici a rischio

La cottura, il congelamento e l’inscatolamento non distruggono l’istamina, dopo che questa si è formata.

Sono pertanto a rischio i prodotti ittici freschi (anche se conservati sottovuoto o in atmosfera protettiva) e congelati appartenenti alle specie a sopra indicate. Fra i pesci a rischio più conosciuti occorre ricordare i Tonni, i Tonnetti, gli Sgombri, i Lanzardi, la Palamita, le Aringhe, le Acciughe, le Sardine, le Costardelle, le Lampughe e i Pesci serra.

E’ opportuno precisare che l’istamina non conferisce al prodotto ittico odori o sapori particolari e quindi il consumatore non può rilevarne la presenza al momento della valutazione dei caratteri sensoriali di freschezza.

E’ pur vero che pesci in condizioni di conservazione non ottimali e che presentano caratteri organolettici alterati, è molto probabile che presentino tenori elevati di istamina in quanto la concentrazione aumenta con il progredire del deterioramento. In questi pesci è poi possibile la formazione di altre amine, a dire il vero dal nome piuttosto inquietante, come la cadaverina e la putrescina.

Queste sostanze chimiche potenziano l’azione tossica dell’istamina agendo con meccanismi di inibizione della detossificazione svolta da enzimi endogeni oppure favorendo il trasporto di istamina attraverso la parete intestinale che diventa così più “permeabile” al suo assorbimento.

Sono inoltre a rischio i prodotti trasformati derivanti da queste specie, ovvero le semiconserve o le conserve come le Acciughe salate, i missoltini (preparazione tipica del Lago di Como a base di Agoni, salati, essiccati e fatti maturare con foglie di alloro) e le salse fermentate come la colatura di Alici.

Essendo l’istamina termostabile ovvero resistente al calore, è possibile la sua presenza anche nei prodotti cotti e nelle conserve come il Tonno in scatola sott’olio o al naturale, dato che le elevate temperature dei processi di sterilizzazione di queste conserve non sono in grado di inattivarla.

Premesso che il pesce fresco contiene quantità molto basse di istamina (meno di 0,1 mg per kg), l’ente governativo statunitense Food and Drug Administration ritiene già pericolosi i prodotti ittici con livelli di istamina pari 500 mg/kg, inoltre appare opportuno segnalare che al consumo di pesci con tenori superiori ai 1500-4000 mg/kg conseguono facilmente quadri di istaminosi gravi o molto gravi in persone di 70 Kg di peso corporeo.

Come si può prevenire la Sindrome sgombroide

Si consiglia di acquistare il prodotto ittico fresco presso un rivenditore di fiducia, che fornisca adeguate garanzie sul costante mantenimento della catena del freddo.

Ovviamente il rispetto rigoroso delle temperature di conservazione dovrà essere mantenuto anche a livello casalingo, utilizzando una borsa termica per il trasporto dopo l’acquisto ed evitando di esporre il pesce a temperatura ambiente oltre il tempo strettamente necessario alla sua preparazione e al suo consumo.

Nel caso di prodotti ittici congelati, una volta estratti dal freezer, è importante che lo scongelamento avvenga nel frigorifero a temperature inferiori a +6°C oppure in acqua corrente fredda, preferibilmente avvolti da una pellicola o all’interno di un sacchetto per alimenti. 

Nel caso di acquisto di pesci interi è necessario procedere, possibilmente subito dopo l’acquisto, all’eviscerazione e all’eliminazione delle branchie in modo ridurre la carica batterica, e successivamente alla conservazione in frigorifero a temperatura prossima a 0 °C o comunque non superiore a +4 °C.

Nel caso di conserve come le scatolette di Tonno:

– se ancora chiuse e sigillate all’origine, bisogna rispettare quanto indicato in etichetta, con l’avvertenza   di conservarle in luogo fresco e asciutto e di rispettare il termine minimo di conservazione (consumare preferibilmente entro il …, consumare preferibilmente entro fine …);

– se aperte, è opportuno provvedere al consumo in giornata oppure è consigliabile travasare il prodotto non consumato in un contenitore per alimenti, avendo cura di ricoprirlo con abbondante olio, di mantenerlo costantemente in frigorifero e di consumarlo entro 3 giorni dall’apertura.

Diagnosi e terapia della sindrome sgombroide

La diagnosi si basa sui dati anamnestici e sul tipo di sintomatologia in atto. La rapida comparsa dei sintomi dopo il pasto è da considerarsi un segno patognomonico e permette di risalire all’alimento causa dell’intossicazione.

Nel caso di sospetto di Sindrome sgombroide è consigliabile rivolgersi al proprio Medico di famiglia e nei casi più gravi è necessario rivolgersi al Pronto Soccorso per ricevere la cure più appropriate.

La terapia è essenzialmente sintomatica e prevede l’impiego di anti-istaminici o cortisonici e in presenza di shock anafilattico, quale intervento terapeutico immediato, è prevista la somministrazione di adrenalina.

Scheda a cura di Gualtiero Fazio
La foto della scatola di Tonno alalunga è di Paolo Manzoni. La riproduzione è vietata senza l’autorizzazione dell’Autore.
Le altre foto riportate nella scheda sono di Gualtiero Fazio. La riproduzione è vietata senza l’autorizzazione dell’Autore.